Il rischio nascosto tra le profondità del Lago Albano - INGVambiente

2022-11-10 18:32:12 By : Ms. Ada chen

ISTITUTO NAZIONALE DI GEOFISICA E VULCANOLOGIA

Fenomeni e dinamiche del sistema Terra

Qualche anno fa si è a lungo parlato del Lago Nyos, il famoso “lago assassino” camerunense che soffocò quasi 1800 persone in una sola notte. Il lago, di origine vulcanica, la sera del 21 agosto 1986 rilasciò improvvisamente una densa nube di anidride carbonica (CO2) che si espanse lungo le limitrofe valli abitate.

  L’impatto mediatico che scaturì da questo evento naturale mise sotto i riflettori della ricerca i laghi vulcanici stimolando studi scientifici nel mondo ma soprattutto in Europa. Sotto analisi in particolare erano le aree vulcaniche dove sono presenti laghi con caratteristiche simili al Lago di Nyos: evidentemente alcuni laghi sono innocui solo in apparenza!

Nei primi decenni dopo la tragedia del Lago Nyos, anche i ricercatori geochimici italiani hanno monitorato le profondità di vari laghi europei. Tra questi il Lago Albano (noto anche come Lago di Castel Gandolfo) alle porte di Roma.

A distanza di qualche anno dopo l’episodio del 1986, il monitoraggio geochimico delle acque del fondo del Lago Nyos ha rivelato che la nube responsabile della tragedia non fu dovuta ad un’improvvisa emissione di gas sulfurei come alcuni gruppi di ricercatori ipotizzarono in un primo momento. La causa si rivelò essere una ricarica di CO2 indotta da un degassamento graduale e costante a livello regionale avvenuto lungo la Linea Vulcanica del Camerun, lunga ben 1600 km. Questa ricarica graduale, tuttora attiva, potrebbe portare al verificarsi di nuove esplosioni, simili a quella del 1986, con una periodicità stimata di circa una al secolo. Per evitare che questo potesse avvenire, è stata elaborata una strategia di mitigazione del rischio. Nel 2001 è stato così avviato il degassamento artificiale del Lago Nyos. Il sistema di degassamento prevede un apparato idraulico costituito da tubi, ancorati vicino al fondo a circa 210 m di profondità, in comunicazione diretta con la superficie dell’acqua, così da indurre il defluire dell’acqua ricca in gas in maniera spontanea. Il sistema è poi stato potenziato nel 2011 e pochi anni dopo il Lago Nyos è stato considerato sicuro per il futuro ripopolamento della zona.

Il Lago Albano è situato nella Campagna Romana nella zona dei Castelli Romani a sud-est di Roma a circa 300 metri di altitudine. È il lago craterico più profondo d’Europa (170 m) con peculiare morfologia sommersa. Si è formato all’interno del sistema craterico più recente del Complesso vulcanico dei Colli Albani, la cui attività è iniziata circa 600.000 anni fa.

Un primo monitoraggio dei fondali del lago è stato effettuato alla fine degli anni ‘80 e ha svelato effettivamente la presenza di un accumulo di CO2. Il ristagno di anidride carbonica osservato, tipico delle aree vulcaniche quiescenti, risultò essere prodotto in concomitanza dello sciame sismico registrato in quel periodo. La coincidenza temporale di questa osservazione e della tragedia del lago Nyos insieme ad alcune analogie geochimiche dei due laghi, suscitò l’enorme interesse degli studiosi spingendoli a confrontare il comportamento dei due laghi e pertanto a interrogarsi sulla possibile pericolosità del Lago Albano.

Il monitoraggio geochimico effettuato successivamente negli anni ’90 e 2000 sul lago laziale ha rivelato una diminuzione del contenuto di CO2 sul suo fondale, contrariamente a quello accaduto al Lago Nyos.

È così risultato evidente che i due laghi avessero dinamiche di degassamento completamente diverse. Le caratteristiche principali che contribuiscono a questo differente comportamento sono essenzialmente due:

(1) l’immissione di CO2 nel Lago Albano è legata all’occorrenza a sciami sismici nella zona dei Castelli Romani, anche se i dati storici mostrano che non tutti gli sciami generano evidenti rilasci di CO2. Mentre nel Lago Nyos il contenuto di CO2 è costante nel tempo provenendo dalla Linea Vulcanica del Camerun;

(2) il Lago Albano è situato in un clima temperato contraddistinto da una alternanza di stagioni. Mentre il Lago Nyos è situato ai tropici dove la stagione delle piogge ha un ruolo predominante.

Appare evidente che, nel caso del Lago Albano, oltre ad una genesi endogena sporadica della CO2, i fattori climatici possono assumere una rilevanza che non può essere trascurata. Nei climi tropicali la temperatura superficiale dell’acqua non è soggetta alla variabilità stagionale. Lo strato superiore dello specchio d’acqua è riscaldato direttamente dal Sole praticamente per tutta la durata dell’anno, favorendo una stratificazione dell’acqua piuttosto stabile. La presenza di acque perennemente più calde in superficie rispetto alle acque più profonde dei laghi tropicali (detti laghi meromittici) prevede che la colonna d’acqua non venga mai rimescolata attraverso dinamiche di sprofondamento delle acque superficiali verso quelle più profonde. In questo caso, l’eventuale accumulo di gas nelle zone profonde del lago, si risolve esclusivamente al raggiungimento delle condizioni di sovrasaturazione con il conseguente rilascio esplosivo.

Nei climi temperati invece, l’alternanza delle stagioni porta al riscaldamento della superficie lacustre in estate ed al suo raffreddamento in inverno, causando una totale o parziale redistribuzione verticale delle acque in inverno (laghi monomittici). Questo comporta un vero e proprio “rimescolamento” degli strati superiori, ricchi di ossigeno, con gli strati profondi, anossici. Nel caso in cui sul fondale del lago si creasse un accumulo di CO2, questo rimescolamento stagionale degli strati favorirebbe il rilascio del gas in atmosfera durante il periodo invernale, senza particolari ripercussioni sull’ambiente.

Attualmente il Lago di Albano è un lago monomittico, poiché il clima delle nostre latitudini mantiene il fenomeno anche noto come “lake overturning”, e pertanto previene l’eccessivo accumulo di CO2 negli strati profondi. Questo processo spiega la diminuzione di CO2 nei strati profondi, come osservata nel monitoraggio durante gli ultimi 30 anni.

Il meccanismo di rimescolamento naturale delle acque del lago potrebbe essere un sistema efficace in grado cioè di smaltire il gas dal fondale del lago. Purtroppo la sua efficienza è compromessa dal riscaldamento globale del Pianeta. Secondo le previsioni al ritmo attuale di emissioni di gas serra nell’atmosfera, la Terra raggiungerà e supererà la soglia di 2.5°C di riscaldamento tra il 2030 e il 2052. Questo aumento di temperatura potrebbe essere sufficiente ad ostacolare il lake overturning delle acque del lago impedendo di conseguenza il degassamento invernale di CO2. L’effetto sarebbe quindi l’accumulo profondo di gas su lunghi periodi dell’ordine di qualche anno o decennio.

Inoltre la desertificazione, in continuo avanzamento dalle latitudini più basse, contribuirebbe a mantenere secco il clima di quest’area, portando ad una diminuzione della ricarica del lago di acque meteoriche fredde ed aumentando così il contributo del riscaldamento da radiazione diretta della sua superficie.

A tutto questo si aggiunge infine lo “stress antropico” dovuto al massiccio pompaggio dalle falde acquifere della Piana di Ciampino che ha causato un abbassamento del livello del lago dell’ordine dei metri negli ultimi decenni (nell’ordine dei 50/60 centimetri l’anno). Tale fenomeno potrebbe contribuire con un effetto destabilizzante sulla stratificazione e dinamica di degassamento della CO2 del Lago di Albano sul lungo termine.

Il lago potrebbe quindi trasformarsi da un lago monomittico a un lago meromittico per così diventare il “Lago Nyos europeo”?

Questa l’inquietante domanda a cui i ricercatori INGV cercano di dare una risposta.

I ricercatori dell’INGV sono impegnati su diversi fronti nello studio e nel monitoraggio dello stato del Lago Albano. In particolare, nell’ambito del Progetto Strategico Dipartimentale MACMAP (Dipartimento Ambiente, INGV), studiano le condizioni di stabilità del lago sulla base di misure dirette ma anche utilizzando modelli numerici. Il progetto studia le caratteristiche fisico-chimiche del corpo d’acqua del lago (Temperatura, pH, Conducibilità, contenuto di O2 e CO2 disciolti). Con questi dati e il supporto di modelli previsionali il personale INGV effettua il monitoraggio ed effettua prospezioni per prevedere il comportamento del lago in base al possibile andamento futuro delle temperature regionali.

In particolare, l’utilizzo di un robot acquatico di superficie “OpenSWAP”, ideato per il monitoraggio geofisico degli ambienti acquatici, viene utilizzato per caratterizzare la colonna d’acqua. OpenSWAP è un catamarano telecomandato su cui è possibile disporre varie sonde, calate a profondità diverse con cui effettuare delle campagne di misura. Con questo strumento è possibile delineare una rappresentazione tridimensionale della distribuzione della concentrazione dell’anidride carbonica disciolta nel lago per poi seguirne le evoluzioni temporali mantenendo così il fenomeno sotto controllo. Nel progetto MACMAP è prevista la realizzazione di una visione 3D dei parametri fisico-chimici del Lago. Il raggiungimento di questo risultato sarebbe una novità a livello mondiale nell’ambito dei laghi vulcanici.

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