La guida completa alla scelta di un telescopio - AstroSpace .it

2022-11-10 18:04:43 By : Mr. Chen Andy

Come si osserva il cielo? Quali strumenti sono utili a visualizzarlo, conoscerlo e studiarlo? E se invece si volessero fotografare gli oggetti celesti? Come scegliere il telescopio e i suoi componenti nella maniera più intelligente?

In questa speciale Guida Completa di Astrospace, cerchiamo di rispondere a queste domande, ponendo insieme qualche linea guida per capire quale siano le scelte migliori in termini di strumentazione astronomica e quali siano le conoscenze principali da avere. In conclusione a questa guida, una serie di link e approfondimeni utili per prendere le prime decisioni e fare i primi acquisti. Questo articolo è stato scritto da Federico Palaia, Mariasole Maglione e Mila Racca.

Giovedì 10 novembre saremo online sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale YouTube per discutere assieme i contenuti di questa guida, la scelta di un telescopio e di astrofotografia in generale. Con noi parteciperà l’astrofotografo Luca Fornaciari.

Con astrofotografia, o fotografia astronomica, si intende un genere fotografico in cui i soggetti sono i corpi celesti. La necessità di fotografare il cielo nasce per il bisogno di poter studiare in maniera più approfondita tutti gli astri che prima si potevano solo osservare, oltre che per scoprirne di nuovi invisibili all’occhio nudo. Grazie all’avanzare delle tecnologie, l’astrofotografia è oggi alla portata di molti, basta avere un budget adeguato ai propri obbiettivi, e con un po’ di conoscenza in merito ognuno può assemblare il proprio telescopio e il proprio setup fotografico senza problemi.

L’astronomia osservativa, invece, è l’attività di osservazione del cielo e degli oggetti celesti. L’osservazione si può effettuare a partire da quello che possiamo fare occhio nudo, oppure con diversa strumentazione a supporto.

Una delle prime cose da chiedersi quando si programma di acquistare un telescopio è l’uso che se ne vuole fare. Purtroppo è difficile trovare uno strumento in grado di soddisfare tutte le esigenze, ed un acquisto affrettato o idee poco chiare rischiano di rendere l’acquisto dispendioso, senza avere un ritorno in termini di risultati e soddisfazioni.

L’acquisto della strumentazione per fare astrofotografia richiede un budget decisamente maggiore rispetto all’astronomia osservativa. Bisogna sottolineare che un telescopio utilizzato per fare fotografia astronomica a volte si può utilizzare anche per osservare, è invece difficile il contrario. Si deve inoltre tenere in considerazione cosa si vuole osservare o fotografare. Gli obiettivi di interesse degli astrofili che fanno astrofotografia o visuale sono:

Dopo aver scelto se osservare o fotografare e qual è l’ambito di interesse, si può iniziare a scegliere il telescopio adatto.

I telescopi sono gli strumenti grazie ai quali gli astronomi e gli astrofili riescono a osservare gli oggetti più distanti. Essi possono essere composti da lenti e/o specchi. In base agli strumenti da cui sono costituiti, i telescopi si dividono in tre macro categorie:

In seguito analizzeremo nel dettaglio come tali strumenti lavorano, quali sono i loro punti di forza e i loro punti deboli.

I telescopi rifrattori sfruttano il principio fisico della rifrazione, secondo cui un fascio luminoso modifica la sua direzione se cambia il mezzo in cui si propaga. I raggi, inizialmente paralleli, incontrano la lente (o l’insieme di lenti) e variano la loro direzione. Tale lente, detta obiettivo, è progettata per collimare i raggi luminosi in un unico punto, chiamato fuoco o punto focale. A questo punto una lente, definita oculare, riproduce l’immagine ingrandita degli oggetti distanti osservati. L’oculare agisce in un modo opposto rispetto all’obiettivo del telescopio, prendendo i raggi luminosi focalizzati ed inviandoli all’occhio dell’osservatore.

I telescopi rifrattori sono adatti all’osservazione di Luna, pianeti e oggetti di deep sky appartenenti al catalogo di Messier.

I telescopi rifrattori sono “chiusi”, quindi impediscono l’ingresso della polvere e dell’umidità nel tubo ottico. Inoltre, le ottiche non devono essere allineate dall’osservatore in quanto fisse, e non hanno un’impalcatura centrale, che riduce l’ingresso di luce nel tubo e provoca un’alterazione della figura di diffrazione. Infine, forniscono immagini ad alto contrasto e ad alta risoluzione, che sono considerate ideali per le osservazioni planetarie e della Luna.

Utilizzando le lenti, i telescopi rifrattori presentano il problema dell’aberrazione cromatica. Le leggi della fisica fanno sì che fotoni di lunghezza d’onda diversa (quindi colori diversi) reagiscano diversamente al cambio del mezzo di propagazione. Ciò significa che i raggi non vengono collimati esattamente tutti nello stesso punto, perché le lunghezze d’onda più corte (blu, viola) vengono curvate di più rispetto a quelle più lunghe (rosso). Questa problematica fa apparire le immagini sfocate e poco definite. Per correggere questo difetto devono essere usati lenti e specchi addizionali.

I telescopi riflettori Newtoniani, come suggerisce il nome, furono inventati da Isaac Newton nel diciassettesimo secolo. Essi sono composti da un tubo ottico aperto, uno specchio primario concavo e uno specchio secondario inclinato di 45°. La luce, una volta entrata nel tubo ottico viene riflessa dallo specchio primario sul secondario, e da esso viene deviata nell’oculare.

Con questi tipi di telescopi si puo’ osservare di tutto: comete, nebulose, galassie, ammassi globulari, stelle variabili, ma anche oggetti del Sistema Solare.

Per come sono costruiti, i telescopi riflettori possono essere dimensionalmente più piccoli dei rifrattori, e talvolta anche più economici. Per questo sono i telescopi più utilizzati in ambito osservativo amatoriale. Inoltre, non sfruttando le lenti, questi telescopi, non presentano il difetto dell’aberrazione cromatica.

Presentano un difetto chiamato coma a causa del quale gli oggetti ci appaiono fuori fuoco. Per esempio, osservando una stella essa apparirà come una cometa (dall’inglese ‘coma’), con una coda più sfocata. Ciò accade perché la luce riflessa dai bordi dello specchio primario non è focalizzata nello stesso punto di quella riflessa dal centro dello specchio stesso. Inoltre, a causa della presenza dello specchio primario, il contrasto viene meno: per questo motivo, i dettagli degli oggetti sono più difficilmente apprezzabili. Infine, a causa della presenza dello specchio secondario, parte della luce in entrata viene ostruita.

Un telescopio catadiottrico è un sistema ottico ottimizzato per la produzione di immagini di oggetti a distanza infinita. Incorpora sia un’ottica di tipo rifrattivo (lenti) che un’ottica riflettente (specchi). Questo sistema misto ha alcuni vantaggi in termini di prestazioni e processo di produzione.

Il termine catadiottrico deriva da due parole separate: “catoptrico”, riferito a un sistema ottico che utilizza specchi curvi, e “diottrico”, riferito a uno che invece utilizza lenti. I quattro modelli di telescopio catadiottrico più comunemente usati dagli astronomi dilettanti sono:

Non sono affetti da coma, tipica dei telescopi riflettori, e non soffrono di aberrazione cromatica, tipica invece dei rifrattori. Inoltre, utilizzano un sistema ottico “a percorso ripiegato“: possono essere più corti di quanto la loro lunghezza focale implicherebbe. Per questo, essi sono più leggeri e compatti rispetto ai telescopi riflettori o rifrattori della stessa apertura. Oltre ad essere comodi da trasportare grazie alle loro dimensioni e al peso ridotto. Sono anche più economici da fabbricare e, di conseguenza, meno cari anche per i consumatori.

I telescopi catadiottrici diventano più pesanti piuttosto rapidamente man mano che aumentano di apertura. Inoltre, possono richiedere un allineamento ottico più frequente rispetto ai rifrattori.

Le parti mobili di un telescopio catadiottrico sono più complesse di quelle che si trovano in un telescopio rifrattore o riflettore. E oltre a ciò, i telescopi catadiottrici hanno una limitazione intrinseca delle prestazioni ottiche basata sull’oscuramento centrale della loro apertura (causato dalla presenza del proprio specchio secondario). Tuttavia, i telescopi riflettenti Cassegrain classici e newtoniani condividono questo problema.

La montatura è la parte del telescopio che serve a reggere il tubo e a controllarlo. Le tre principali sono: equatoriale, altazimutale, Dobson. Le montature equatoriali e altazimutali sono composte da un treppiede e da una testa su cui si installa il telescopio. La montatura Dobson invece non è altro che una forcella poggiata su una base solida e rotante.

Tutte e tre queste montature si possono trovare in commercio motorizzate o manuali.

Nel caso si scelgano montature motorizzate (d’obbligo per chi vuole fare astrofotografia) i prezzi aumentano notevolmente. Aumentano però anche i comfort e gli strumenti utilizzabili. La motorizzazione della montatura consente al telescopio di compensare la rotazione terrestre, rendendo possibili fotografie con lunghi tempi di esposizione. Strumenti come il Go-to, servono a puntare in automatico un qualsiasi oggetto celeste, compresi gli oggetti appartenenti al profondo cielo altrimenti difficili da individuare ad occhio nudo.

La scelta della montatura dipende anche dal tubo ottico che deve sostenere. Il carico limite di una montatura viene di solito inteso per un uso visuale: per chi si vuole dedicare alla fotografia, e non solo all’osservazione, è bene non avvicinarsi troppo al carico consigliato, così da non sforzare la montatura e garantire un inseguimento migliore.

Un altro fattore di fondamentale importanza è la trasportabilità. Montature capaci di sostenere grandi telescopi sono di solito molto pesanti, e rischiano di diventare un impedimento se si vuole spostare il telescopio da casa.

Per comprendere quanto influiscano i parametri tecnici nella scelta di un telescopio, è importante prima definire quelli più essenziali:

Qual è l’importanza di questi fattori nella scelta del telescopio?  La risposta innanzitutto cambia con l’intenzione con la quale si compra un telescopio: se lo si vuole usare per le osservazioni o per l’astrofotografia.

La capacità di catturare la luce dipende solo dall’apertura del telescopio, mentre il rapporto focale domina l’ingrandimento dell’immagine che il telescopio è in grado di fornire. Diametri maggiori permetteranno dunque di osservare oggetti più fiochi e/o lontani; focali maggiori forniranno ingrandimenti superiori, a scapito però del campo che si può inquadrare.

Nel caso del’’astrofotografia, telescopi con rapporti focali compresi tra f/4 ed f/6 sono considerati “luminosi” o “veloci”. In particolare, essi sono efficaci per fotografie di campo largo a breve esposizione. Ad esempio, sono idonei per fotografare ammassi globulari. Contrariamente, un f/10 è ottimo per immortalare i pianeti in alta risoluzione.

Riduzione del problema di collimazione

Problema di vignettatura nelle riprese con riduttori di focale

Osservazioni planetarie e deep sky ad alti ingrandimenti con ridotte aberrazioni geometriche

Fotografie principalmente al Sistema Solare

Indicato per osservare oggetti estesi

Esposizioni fotografiche più brevi

Rapporti focali bassi portano alle aberrazzioni ottiche

Spesso quando si sceglie il primo telescopio si fa l’errore di acquistare strumenti troppo economici. Scegliere un telescopio da principianti non significa spendere il meno possibile, è bene infatti investire il proprio budget in maniera intelligente.

Ad esempio, comprare una scarsa montatura equatoriale non motorizzata a poco prezzo è spesso la strada giusta per perdere la passione dell’astronomia, per via della scomodità di utilizzo. Allo stesso modo, comprare un intero set per fare astrofotografia a prezzi esorbitanti senza saperlo utilizzare rischia di produrre scarsi risultati.

È bene comprare attrezzatura di qualità, magari suddividendo gli acquisti nel tempo, in modo da poter imparare ad utilizzare ogni componente del set nel migliore dei modi.

L’osservazione planetaria è sicuramente uno dei primi step che accomuna tutti gli appassionati di astronomia. Poter vedere pianeti lontani centinaia di milioni di chilometri dalla Terra nell’oculare del proprio telescopio è sicuramente emozionante. I telescopi più adatti all’osservazione planetaria sono:

Bisogna sempre ricordare che maggiore è il diametro focale, maggiori sono gli ingrandimenti che possiamo effettuare con gli oculari. L’ingrandimento massimo di un tubo ottico si calcola come due volte il diametro. L’ingrandimento di un oculare si calcola come focale del telescopio divisa per la focale dell’oculare.

L’osservazione solare richiede particolari precauzioni per evitare seri danni a chi osserva e all’attrezzatura. La soluzione più popolare è sicuramente l’utilizzo del filtro astrosolar. Si presenta come un foglio argentato da utilizzare per coprire l’apertura del telescopio e filtrare così il 99.999% della luce solare. Questo filtro consente di osservare il Sole in luce bianca e si può applicare a tutti i tipi di telescopi.

Ci sono anche telescopi come il Coronado che consentono di osservare il sole in H-alpha, ovvero idrogeno ionizzato. Si tratta di un rifrattore dotato dell’Energy Rejection Filter (ERF) che lascia passare solo la componente rossa della lunghezza d’onda. Essendo il telescopio tarato per questa frequenza, restituisce immagini sicuramente migliori rispetto ad un altro tubo ottico con filtro astrosolar. Lo svantaggio dei telescopi dedicati all’osservazione solare è il prezzo, che parte solitamente da qualche migliaio di euro per i modelli base. Approfondiamo i diversi filtri solari all’interno del paragrafo dedicato ai filtri.

I telescopi più indicati per l’osservazione deep sky sono sicuramente i newtoniani in configurazione Dobson. Grazie ai diametri generosi in rapporto al prezzo, si dimostrano la scelta vincente per chi vuole osservare oggetti celesti come galassie e nebulose.

La montatura dobsoniana ne consente un facile utilizzo e un montaggio veloce. Le montature Dobson senza il sistema Go-to richiedono la conoscenza della volta celeste, in quanto bisognerà puntare manualmente l’oggetto da osservare. Le prime volte potrebbe essere difficile individuare oggetti celesti poco luminosi.

Come abbiamo anticipato, per fare astrofotografia è fondamentale avere una montatura in grado di inseguire gli oggetti che desideriamo fotografare. In base alla montatura scelta e al suo carico limite, possiamo scegliere il tubo ottico da abbinare. Sul mercato si trovano diverse opzioni:

Va ricordato che più alto è il rapporto focale di un telescopio, più si notano gli errori di inseguimento della montatura. Un altro fattore da ricordare semore è la trasportabilità: spesso chi si appassiona di astrofotografia fotografa anche da fuori casa per cercare posti con meno inquinamento luminoso possibile. Un telescopio eccessivamente pesante e ingombrante rischia di rendere queste trasferte molto impegnative.

L’inquinamento luminoso consiste nell’introduzione diretta o indiretta di luce artificiale nell’ambiente. Colpisce anche siti incontaminati, perché la luce si propaga per centinaia di chilometri dalla sua sorgente, danneggiando così i paesaggi notturni anche in aree protette.

Si stima che l’80% della popolazione mondiale, e in particolar modo il 99% della popolazione statunitense ed europea, viva sotto un cielo inquinato da luci artificiali. La Via Lattea è invisibile per oltre un terzo dell’umanità. In particolar modo qui in Italia, otto italiani su dieci non possono vedere il cielo stellato incontaminato: anche nelle zone suburbane e di campagna, la situazione sta peggiorando sempre più.

Per chi fa astrofotografia e osservazione del cielo, l’inquinamento è uno dei nemici più grandi da combattere. Oltre a impedire di individuare gli astri in cielo, la presenza del segnale di inquinamento si mescola con il resto del segnale da preservare dell’oggetto che intendiamo fotografare o osservare. Ciò determina la saturazione del sensore (troppa luce) e rende il cielo disomogeneo.

Le aree maggiormente adatte all’osservazione del cielo sono quelle lontane dai centri abitati, in particolar modo dalle aree fortemente urbanizzate, e sollevate rispetto allo 0 s.l.m. L’ideale sarebbe raggiungere le vette di montagna, dove l’inquinamento luminoso è meno invadente e il buio pesto permette una buona osservazione. In queste zone, soprattutto se sopra i 2000 metri s.l.m., il cielo stellato apparirà quasi incontaminato, e la Via Lattea può ancora essere vista ad occhio nudo.

In astronomia, il seeing esprime il livello di turbolenza dell’aria, determinata in gran parte dallo spostamento dei venti in quota. Può variare da 50 a 400 km/h, determinando una scala di variazione molto ampia. Più l’aria, e quindi l’atmosfera, sono in movimento, più gli oggetti celesti che desideriamo osservare risultano fiochi, difficili da vedere nitidamente. Questo provoca distorsioni e guasti nelle immagini di astri, pianeti e nebulose al telescopio.

Se il seeing è sufficientemente buono e permette di ottenere risultati soddisfacenti, allora è possibile procedere con l’osservazione del cielo o l’astrofotografia. Un cattivo seeing invece influenza molto le osservazioni, soprattutto quelle in cui è essenziale cogliere i dettagli più precisi, come durante l’osservazione di pianeti, Luna e stelle doppie. Il seeing raggiungibile dai migliori telescopi, collocati ad alta quota e nella fascia equatoriale come in Cile e nelle Hawaii, ha un valore tra i 0,6 e gli 0,8 secondi d’arco di intervallo risolvibile.

Per stabilire la quantità di turbolenza dell’aria esistono diverse scale per il seeing, che riportano un valore e una relativa descrizione per valutarne l’entità. Le condizioni di seeing per una determinata notte e località, oggi disponibili anche su siti web (ad esempio qui) e applicazioni per cellulari che funzionano tramite riconoscimento GPS, descrivono quanto l’atmosfera terrestre perturba l’immagine dei corpi celesti osservati.

Senza utilizzare alcun dispositivo o aiuto esterno per stimare la qualità del seeing atmosferico, è possibile darne un rapido giudizio autonomamente. Nelle serate di calma atmosferica, senza vento, si riescono a ingrandire facilmente al telescopio pianeti e Luna, rivelandone tutti i dettagli. Questo è indizio di un buon seeing. Al contrario, nelle serate limpide come dopo i temporali, in cui il cielo è nerissimo ma le stelle scintillano molto, siamo in presenza di cattivo seeing: solo bassi ingrandimenti riescono a mostrare gli oggetti celesti, ed è difficile la messa a fuoco.

Per approcciarsi all’osservazione del cielo tramite un telescopio ed eventualmente proseguire nel campo dell’astrofotografia, sono necessarie alcune nozioni di base per sapersi orientare, per riconoscere i diversi oggetti celesti e per tradurre in concetti molto semplici quelli che a volte sembrano discorsi troppo complicati.

Le coordinate celesti servono per identificare la posizione degli astri sulla sfera celeste. Individuano quindi una particolare direzione che ci permetta di tradurre in distanza la posizione di un preciso corpo celeste.

Si chiamano coordinate altazimutali quelle dipendenti dalla posizione relativa dell’osservatore rispetto all’astro. Sono riferite all’osservatore, supposto immobile rispetto alla Terra in movimento, e quindi variano continuamente nel tempo per ogni astro, che rispetto al nostro pianeta è in movimento relativo. Le coordinate altazimutali prendono come riferimento l’orizzonte (la circonferenza massima che separa l’emisfero celeste visibile da quello non visibile), il meridiano locale (la circonferenza massima passante per lo Zenit e i poli dell’osservatore) e il punto dell’orizzonte più vicino all’astro.

Sono note invece come coordinate equatoriali quelle sferiche o rettangolari, definite da un’origine posta al centro della Terra, dal piano fondamentale dell’equatore celeste (proiezione dell’equatore sulla sfera celeste) e da una direzione principale verso un preciso punto sull’equatore celeste.

Una costellazione è un gruppo di stelle che formano una linea o una figura immaginaria sulla sfera celeste. Tipicamente rappresenta un animale, una persona mitologica, un Dio o un oggetto inanimato. L’Unione Astronomica Internazionale (UAI) divide il cielo in 88 costellazioni, dai confini precisi, in modo tale che ciascun punto del cielo appartenga a una sola costellazione.

Le costellazioni visibili dalle latitudini settentrionali sono basate soprattutto su quelle tradizionali dell’Antica Grecia, e i loro nomi richiamano figure mitologiche. Quelle visibili nell’emisfero australe invece sono state battezzate in età illuministica. Le costellazioni che intersecano l’eclittica sono dette costellazioni dello Zodiaco e sono tradizionalmente 12 (13 se si conta l’Ofiuco, che le interseca).

Qualunque gruppo di stelle visibile nel cielo notturno, riconoscibile per la sua particolare configurazione geometrica, è invece detto asterismo. Le normali costellazioni possono essere considerate asterismi di grandi dimensioni, ma un asterismo in sé può raggruppare più stelle luminose anche appartenenti a costellazioni diverse. Spesso gli asterismi sono utilizzati in astronomia e astrofilia come punti di riferimento per trovare in cielo altre stelle e costellazioni più deboli.

Gli ammassi stellari sono gruppi molto densi di stelle legate gravitazionalmente l’una all’altra. Ci sono due principali tipi di ammasso: gli ammassi globulari, densissimi e formati da centinaia di migliaia di stelle molto vecchie, e gli ammassi aperti, contenenti migliaia di stelle giovani. Esempi di ammassi visibili nell’emisfero boreale, soprattutto nei cieli invernali, sono le Pleiadi e le Iadi.

Le galassie sono grandi insiemi di stelle, sistemi planetari, ammassi di stelle, polveri e gas, legati insieme dalla reciproca forza di gravità. Sono oggetti celesti dalle dimensioni molto vaste, divisi in diversi tipi di famiglie a seconda della loro forma, tipologia, formazione ed evoluzione. Le più belle del cielo boreale sono la galassia di Andromeda e quella del Triangolo, la galassia Sombrero e la Sigaro, la galassia di Bode e la Girandola.

Nel cielo profondo ci sono poi le nebulose, agglomerati di polvere e gas interstellari che ospitano fenomeni di formazione stellare, regioni ricche di idrogeno e nubi molecolari. Molte si formano in seguito al collasso gravitazionale del gas presente tra le stelle, altre sono il risultato di esplosioni stellari. Un esempio è la nebulosa del Granchio, nella costellazione del Toro. Molto belle da osservare e fotografare in cielo sono la nebulosa di Orione, la nebulosa Testa di Cavallo o la Vela.

Il catalogo di Messier deve il suo nome all’astronomo francese Charles Messier (1730-1817) che lo pubblicò nel 1774 con il nome Catalogue des Nébuleuses et des Amas d’Étoiles. Fu il primo catalogo astronomico di oggetti celesti diversi dalle stelle, alla cui stesura collaborò il collega di Messier Pierre Méchain, futuro direttore dell’Osservatorio Astronomico di Parigi.

Dopo varie correzioni e integrazioni, il catalogo arriva oggi a contare 108 oggetti, indicati con la lettera maiuscola M e il numero di catalogo. Sono complessivamente compresi 40 galassie, 29 ammassi globulari, 27 ammassi aperti, 7 nebulose diffuse, 4 nebulose planetarie, 1 stella doppia, 1 nube galattica e 1 asterismo (M73).

Charles Messier era conosciuto come “cacciatore di comete”. Ne scoprì ben 19, decidendo quindi di compilare una lista di tutti quegli oggetti che, a chi in possesso di una strumentazione simile alla sua, apparivano di aspetto “nebulare” e quindi diverso da quello degli astri comuni. Ancora oggi questo catalogo è utilizzato dagli astrofili per osservare alcuni dei più belli oggetti visibili nel cielo notturno.

Nel corso dell’anno solare, il cielo che osserviamo sopra le nostre teste non è sempre lo stesso. Ciò è dovuto alla rotazione della Terra e alla sua posizione nell’orbita che compie attorno al Sole, quindi dalla stagione in cui ci troviamo e dalla latitudine alla quale siamo.

Ogni stagione ha dei riferimenti ben precisi, che aiutano ad orientarsi in cielo e a riconoscerne gli “abitanti”. In generale, per potersi orientare sono utili le mappe celesti, l’astrolabio, le applicazioni per smartphone, i software di simulazione della volta celeste. Tuttavia, senza supporti tecno-grafici, autonomamente è comunque possibile sfruttare alcune stelle in particolare per riuscire a riconoscere il cielo in ogni momento dell’anno e posizione sul globo terrestre.

La Stella Polare, visibile a nord a un’altezza dall’orizzonte pari alla latitudine della località in cui ci si trova, è facilmente individuabile da dopo il tramonto. Essa durante l’anno “ruota” sempre attorno ad un punto che indica circa la direzione Nord.

In primavera è possibile partire dalla costellazione dell’Orsa Maggiore, o Grande Carro, considerare le stelle più a destra della forma del carro, Dubhe e Merak, disegnare in cielo una linea pari a cinque volte la distanza tra queste stelle, e riconoscere la Stella Polare. Essa è l’ultimo astro della costellazione dell’Orsa Minore, o Piccolo Carro, le cui altre sette stelle sono molto più deboli e individuabili solo in cieli molto bui.

Invece, prolungando idealmente l’arco formato dalle stelle del timone del Grande Carro si incontrano in sequenza le stelle Arturo e Spica, tra le più grandi e luminose del cielo. Arturo ha un colore rossiccio, mentre Spica è più blu.

Nell’emisfero boreale di cui anche l’Italia è parte, le notti estive sono caratterizzate da un grande triangolo di stelle molto luminose: Vega, nella costellazione della Lira, Deneb, nel Cigno, e Altair, nell’Aquila. Conosciute dagli astrofili come “triangolo estivo”, sono utili ad orientarsi in cielo. Infatti, continuando idealmente la linea che congiunge Deneb e Vega si incontra un trapezio di deboli stelle che formano il corpo della costellazione di Ercole. A sud dell’Aquila invece troviamo il Sagittario e lo Scorpione.

Anche in estate possiamo usare l’Orsa Maggiore per individuare la Stella Polare, così come la forma a W della costellazione di Cassiopea, il cui vertice interno punta proprio verso la Polare.

In estate, con cielo buio e limpido, la Via Lattea si mostra in tutto il suo splendore, attraversando le costellazioni di Sagittario, Scoprione, Acquila, Cigno, Cassiopea. Inoltre verso la metà di agosto sono visibili Mercurio, molto piccolo e dal tenue luccichio di colore giallo, Giove, che sale nella tarda serata estiva, e Saturno, già visibile da dopo il tramonto all’altezza della costellazione della Bilancia, a sud.

Nel cielo autunnale, a fungere da riferimento è il cosiddetto “Quadrato di Pegaso”. I quattro angoli del quadrato non sono costituiti da stelle molto luminose, ma formano un quadrilatero molto regolare in corrispondenza della costellazione di Pegaso. Il Quadrato di Pegaso è ben visibile durante la fine dell’estate, l’autunno e parte dell’inverno boreale. Parte del quadrato è anche una stella della costellazione di Andromeda.

In autunno è possibile partire dalla costellazione di Cassiopea per individuare la Stella Polare: in questo periodo, la costellazione appare come una M nell’emisfero boreale, il cui vertice interno punta diretto verso la Polare.

I pianeti da osservare in questi mesi sono Giove, che brilla per tutta la notte emettendo luce bianca e si trova sempre molto lontano dal Sole nelle notte boreali, e Saturno, piccolo e di colore bianco-giallastro, individuabile sempre cercando la costellazione della Bilancia.

Il cielo d’inverno nell’emisfero boreale è caratterizzato da stelle molto luminose. La più luminosa in assoluto è Sirio, che insieme a Procione e Betelgeuse forma il cosiddetto “Triangolo Invernale”. Questo triangolo capovolto ha il vertice inferiore in Sirio, il superiore a Est sul procione e il superiore a Ovest su Betelgeuse, una gigante rossa parte della luminosa e bellissima costellazione di Orione.

Orione può essere considerato un buon riferimento per individuare altre costellazioni o oggetti celesti, come le Pleiadi e le Iadi, due ammassi stellari molto famosi. L’Orsa Maggiore e Cassiopea, entrambe capovolte rispetto al cielo estivo dell’emisfero boreale, ci aiutano a individuare la Stella Polare e l’Orsa Minore.

Nei mesi invernali Marte è presente nella parte alta del cielo a Sud e continua a muoversi per il resto dell’anno. Man mano che sale in cielo a ore meno notturne, la sua luce si fa più brillante. In questi mesi, Giove è osservabile poco prima dell’aurora, Saturno al crepuscolo o nel cielo mattutino.

Al di là di un buon astrolabio, una mappa della sfera celeste che permette di localizzare e calcolare la posizione del Sole e delle stelle, i6ibri che consigliamo per approcciarsi all’osservazione del cielo sono:

Ci sono numerose applicazioni per smartphone utili a riconoscere le costellazioni e gli oggetti celesti, anche quelli del cielo profondo. Su Google Play Store oppure l’App Store di Apple le maggiormente diffuse e ben costruite sono:

Per un primissimo approccio all’astrofotografia, non serve spendere troppi soldi. È sufficiente prendere lo smartphone e un treppiede e recarsi in un luogo molto buio. In mancanza di luce, la fotocamera dello smartphone attiva automaticamente la “modalità notturna”. Con questa viene sostanzialmente scattata una foto a lunga esposizione.

Nella modalità PRO della fotocamera di un cellulare poi è possibile impostare manualmente i valori di ISO e velocità dell’otturatore. Se il tuo non ha questa opzione, o vuoi un controllo più preciso, ci sono molte app per fotocamere che offrono proprio questo. Per esempio Camera+ 2 per Apple e Camera FV-5 per Android, che possono anche scattare in raw, per facilitare la modifica delle foto in un secondo momento. Le immagini raw, spesso registrate come file DNG, hanno molte più informazioni sul colore rispetto ai file JPEG o ai file compressi.

Quindi, quando quelle immagini vengono elaborate al computer in un secondo momento, esse contengono molte più sfumature, ombre e luci di un’immagine compressa. Le impostazioni che occorre inserire manualmente sulla fotocamera del telefono sono:

Questi sono tutti passaggi/strumenti senza dubbio fondamentali anche per chi si cimenta nel fotografare il cielo con una buona macchina fotografica.

Come anticipato, potrebbe essere utile procurarsi un treppiede. Le foto a lunga esposizione necessitano di stabilità e fermezza del telefono. Se ne trovano alcuni con supporto per smartphone, che sono molto economici. In alternativa, puoi trovare un sostegno o appoggio di fortuna.

Va ricordato comunque che qualsiasi vibrazione potrebbe “sporcare” la tua fotografia. Innanzitutto, bisogna inserire lo scatto ritardato, in modo che il tocco della mano non infierisca, o acquistare telecomando bluetooth. Alcuni link utili:

Tramite l’uso di adattatori è possibile collegare il telefono all’oculare del telescopio per effettuare astrofotografie di oggetti più deboli e meno estesi. Alcuni link utili:

Quando osserviamo la volta celeste, vediamo che essa non è fissa, ma che le stelle durante la notte si spostano. Questo processo, che ad occhio nudo ci pare impercettibile, in realtà è molto rapido. Tanto che, se eseguiamo uno scatto a lunga esposizione per soli 30 secondi, la nostra fotografia raffigurerà un cielo scuro pieno di linee luminose, che prende il nome di star trail.

Per fotografare la Via Lattea, il deep sky o semplicemente un cielo di montagna potrebbe dunque essere molto utile avere un astroinseguitore. Si tratta di un sostegno per macchina fotografica con un motore in grado di girare alla stessa velocità della Terra che, come dice il nome, segue le stelle nel loro “spostarsi” nel cielo. Può essere a sfera o a cremagliera, e va fissato sul treppiedi.

I filtri astronomici sono uno strumento utile per chi fa osservazione ma a dir poco fondamentale per chi pratica l’astrofotografia. Ne esistono di diverse tipologie:

Di seguito, uno slider in cui a parità di ISO ed esposizione, si può notare la differenza tra una foto con e una senza il filtro a banda larga L-Pro. Credits: J. Huang

Per molti, l’astronomia è un’attività notturna. Aspettiamo con ansia che il Sole tramonti e il crepuscolo svanisca per iniziare a goderci il cielo. Ma così facendo, ci perdiamo ogni giorno l’incredibile spettacolo che la nostra stella ha da offrirci. Spettacolo a cui, tuttavia, bisogna essere preparati.

I raggi solari sono potenzialmente molto dannosi per l’occhio umano, tanto che se osservati direttamente potrebbero bruciarne la retina. Per questo motivo sono fondamentali i filtri solari. Gli osservatori del Sole utilizzano filtri solari appositamente progettati che riducono l’energia solare a livelli innocui. I filtri sono di due categorie principali: filtri a luce bianca e filtri idrogeno-alpha (H-alpha).

Bloccano il 99,999 percento della luce solare per permetterci di vedere la superficie visibile del Sole (fotosfera). Conosciuti come “filtri di apertura”, i filtri a luce bianca si adattano alla parte anteriore di un telescopio per ridurre l’energia del Sole a un livello di sicurezza prima che entri nel sistema ottico, compresi gli occhi. Sono comunemente realizzati in vetro o in un materiale polimerico, come il Mylar, e si adattano saldamente a un telescopio o a un binocolo.

Prima di utilizzare il filtro, è sempre meglio assicurarsi che funzioni ancora correttamente. Per verificare se il filtro è sicuro, basta accendere la torcia del telefono e guardarla attraverso il filtro. Se si notano punti o striature particolarmente luminosi, il filtro è danneggiato e non dovrebbe essere utilizzato.

A seconda del rivestimento del filtro, il Sole apparirà di un colore diverso. La maggior parte dei filtri di vetro crea una tinta giallo-arancione, mentre molti filtri polimerici forniscono un’immagine bianca con una punta di blu.

I filtri solari a luce bianca sono ideali per osservare le macchie solari in continua evoluzione. Queste macchie, regioni della superficie del Sole più freddi della temperatura media, possono avere dimensioni comprese tra centinaia e migliaia di chilometri di diametro. L’osservazione della maggior parte di esse richiede un telescopio. A ingrandimenti di 50x o più, le macchie solari rivelano tutte le particolarità della loro evoluzione.

Bloccano tutte le lunghezze d’onda della luce solare tranne quella emessa dagli atomi di idrogeno caldi. I filtri H-alpha rivelano dettagli sul Sole che sono invisibili utilizzando filtri a luce bianca. Tra questi ci sono le protuberanze, simili a fiamme e intricati fili luminosi.

Anche quando il Sole appare sterile attraverso i filtri della luce bianca, i filtri H-alpha ci danno una vista in prima fila della magnifica cromosfera del Sole, lo strato direttamente sopra la fotosfera. Come le macchie solari, le caratteristiche H-alpha vanno e vengono a seconda dell’attività solare.

Gli eventi H-alpha più drammatici e rari sono i brillamenti solari. Queste eruzioni improvvise e violente si verificano dentro e intorno a gruppi di macchie solari, simili a fiumi di lava incandescente che scorrono tra le macchie. I bagliori di solito durano dai 5 ai 10 minuti, anche se alcuni possono durare diverse ore. Nonostante la loro breve esistenza, i singoli brillamenti solari rilasciano energia sufficiente per alimentare gli Stati Uniti per circa 100.000 anni. Rilasciano anche una marea di particelle cariche, pericolose per satelliti artificiali, astronauti, missioni orbitali e talvolta anche per reti e infrastrutture terrestri.

Per effettuare fotografie astronomiche con tempi di posa che arrivano anche a dieci minuti per un singolo scatto la montatura deve inseguire perfettamente l’oggetto fotografato. Per fare ciò si utilizzano i telescopi e le camere guida che vengono montati sopra al tubo ottico principale.

Solitamente il telescopio guida è un rifrattore di piccole dimensioni con una lunghezza focale di un terzo del telescopio principale. La camera guida è invece una camera planetaria con un piccolo sensore in modo da inquadrare un campo minore e essere più precisa. Tramite software, le immagini acquisite dalla camera guida vengono utilizzare per correggere i movimenti della montatura.

Per fare fotografie planetarie si realizzano brevi filmati ai pianeti, al Sole o alla Luna utilizzando camere astronomiche e telescopi con focale lunga. Da questi filmati si estrapolano poi i frame migliori che vengono sommati con appositi programmi. Per arrivare all’immagine finale servono diversi programmi e diverse fasi di elaborazione.

Di seguito, uno slider in cui mostriamo come l’elaborazione tramite software consente di estrarre il segnale dopo aver eseguito lo stacking. Credits: Håkon H.

Per scattare foto a lunga esposizione, necessarie per il deep sky, abbiamo bisogno di un software per controllare la montatura e l’autoguida, e un software per acquisire gli scatti. Quelli più utilizzati sono APT (Astro Photography Tool) e PHD2 guiding.

Per poter scattare con questi programmi abbiamo bisogno di un computer a cui collegare la montatura, camera principale e di guida. In alternativa si possono usare strumenti come Asiair, piccoli computer da montare sul telescopio. Tramite connessione Wi-fi, Asiair può collegarsi ad altri dispositivi come smartphone e tablet in modo da poter controllare tutto il setup comodamente.

Quando si fa fotografia deep sky è fondamentale acquisire quattro tipologie di scatti:

Per sommare questi scatti si usano software come DDS (Deep Sky Stacker) oppure Pixinsight. Per l’elaborazione finale viene solitamente usato Photoshop.

L’Unione Italiana Astrofili, fondata a Cremona nel 1967, da oltre 50 anni è il principale punto di riferimento degli astrofili italiani. Propone la diffusione e divulgazione dell’Astronomia, oltre che promuovere eventi, attività didattiche, formazione del personale scolastico, valorizzazione dell’ambiente e salvaguardia dell’osservazione del cielo.

In Italia sono poi presenti numerose realtà di associazioni locali di astrofili, che gestiscono osservatori astronomici e planetari aperti al pubblico.

Gruppo Astrofili di Padova (GAP), nato nel 1965 da un gruppo di appassionati dell’osservazione delle stelle, associazione no profit con sede in via Alvise Cornaro 1/b nei pressi del Planetario di Padova. Gestisce l’Osservatorio “Giuseppe Colombo” in via Cornaro 1/b.

Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti” (GAV), associazione di promozione sociale nata nel 1986 che svolge attività di divulgazione astronomica e ha sede presso l’Osservatorio di Arcugnano, in Via S. Giustina 127, a qualche chilometro dalla città di Vicenza.

Circolo Astrofili Valdillasi, associazione di appassionati di astronomia con base attuale a Caldiero in via Caldierino, 59, in provincia di Vicenza.

Circolo Astrofili Talmassons (CAST), associazione senza scopo di lucro formata da amanti della scienza dell’astronomia. Nasce nel 1992 da un gruppo di nove appassionati che vuole dar vita ad un circolo di astrofili nella Bassa Friulana. Attualmente conta circa un centinaio di soci.

Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”, appassionati di astronomia con l’intento di diffonderla nel territorio dell’Agordino. Hanno sede in Località Celat 9, San Tommaso Agordino, in provincia di Belluno.

Associazione Astrofili Piemontesi “Cieli piemontesi”, collaborazione del gruppo Didattica e Divulgazione (D&D) e l’Osservatorio Astrofisico di Torino (OATo), che propone attività nel territorio dedite alla divulgazione astronomica tra cui il BarCamp annuale.

Associazione Astrofili Bolognesi (AAB), una delle più antiche e attive d’Italia, largamente impegnata nel campo della divulgazione e della ricerca amatoriale. Gestisce l’Osservatorio Felsina, sito tra Medelana e Montepastore in pieno appennino Bolognese.

Gruppo Astrofili Pescaresi “RA” (GASPRA), nato nel 1981 per iniziativa di un gruppo di astrofili e ancora attivo presso l’Osservatorio astronomico “Colle Leone”, l’Osservatorio “Capolavilla” e i siti osservativi di Monte Voltigno, Fonte Vetica, Campo Imperatore, Campo Felice, Blockhaus, Forca Canapine e Monte Piselli.

Associazione Astrofili Paolo Maffei di Perugia, nata nel 2008 per portare l’astronomia tra la gente sotto i cieli Perugini. Organizza serate osservative presso l’Osservatorio di Monte Malbe.

Unione Astrofili Senesi (UAS), associazione fondata a Siena nel 1977 con lo scopo di divulgare le scienze astronomiche. Affiliata all’UAI, ha in cura l’Osservatorio Provinciale di Montarrenti.

Società Astronomica Fiorentina (APS), associazione di promozione sociale nata nel 1988 e con sede a Sesto Fiorentino in provincia di Firenze presso l’aula di astronomia “Francesco Marsili” dell’I.I.S. “A.N.E. Agnoletti”.

Associazione Romana Astrofili (ARA), associazione scientifico-culturale fondata nel 1982 e operativa in ambito divulgativo nelle scuole e in centri culturali. Gestisce l’Osservatorio astronomico di Frasso Sabino, situato al 157 di Frasso Sabino in provincia di Rieti.

Società Astronomica Pugliese (SAP), una libera e indipendente associazione culturale aperta a chi intende avvicinarsi all’Astronomia e agli appassionati ma anche al mondo studentesco, universitario e scientifico. Ha sede operativa a Cassano delle Murge presso il Cea Solinio, che ospita l’Osservatorio Astronomico della Murgia.

Gruppo Astrofili Catanesi (GAC), libera associazione non a scopo di lucro che promuove incontri didattici e applicazioni pratiche nell’osservazione astronomica. Ha in gestione una vasta gamma di diversi telescopi.

Unione Astrofili Napoletani (UAN), associazione culturale senza scopo di lucro costituita per riunire gli appassionati delle materie astronomiche al fine di promuovere la conoscenza, lo studio e la diffusione dell’Astronomia attraverso attività osservative, sperimentali e di ricerca. La sede è nell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte.

Associazione Astrofili Sardi (AAS), associazione senza scopo di lucro che promuove diversi tipi di eventi per sensibilizzare le persone all’astronomia. Le attività si svolgono presso l’Osservatorio Astronomico di Cagliari.

Sicuramente la realtà più grande al momento attiva nella divulgazione scientifica, soprattutto in ambito astronomico e spaziale, è l’INAF (Istituto Nazionale di AstroFisica). Durante il corso dell’anno, l’ente promuove una serie di eventi su tutto il territorio italiano, tra cui interessanti convegni, fiere, mostre, conferenze, attività di laboratorio. Inoltre, a novembre di ogni anno si tiene la “Notte dei ricercatori”, dedicata a sensibilizzare alla ricerca in ambito astronomico e astrofisico.

Gli eventi più grossi in Italia dedicati ad astrofilia e astronomia sono:

L’acquisto del primo telescopio solitamente spaventa i principianti a causa dei costi elevati e per la paura di comprare strumenti difficili da usare o di qualità scarsa. Affidarsi a negozi competenti e specializzati nel settore è sicuramente un buon modo per comprare uno strumento che duri per sempre. Tra i negozi più conosciuti in Italia ci sono:

La torre del sole (Brembate, BG).

Tra i telescopi migliori e più economici per iniziare ad osservare il cielo c’è la serie Dobson di Skywatcher:

Per approcciarsi all’astrofotografia si può optare per un astroinseguitore su cui montare una fotocamera reflex o una mirrorless. In questo modo si potranno scattare immagini a largo campo.

Passando alle montature adatte per l’astrofotografia con una portata tra i 12 kg e i 14 kg troviamo:

Tra i telescopi più usati per l’astrofotografia troviamo:

Salendo con la fascia di prezzo con le montature, ne troviamo con una portata massima per fare astrofotografia di circa 20kg, per esempio:

Questo approfondimento è stato scritto con la collaborazione di Stefano Piccin. Gli autori si sono impegnati per essere il più trasparenti e chiari possibile, e per dare spunti utili a rispondere a tutte le domande di chi si approccia per la prima volta all’osservazione del cielo e all’astrofotografia. Gli autori saranno disponibili a rispondere a qualsiasi segnalazione o richiesta di approfondimento. È possibile contattarli all’email info@astrospace.it o scrivendoci su Telegram, al nostro bot @astrospace_TARS.

© 2022 Astrospace.it Info@astrospace.it - News e approfondimenti di astronautica e aerospazio. Astrospace.it è pubblicato da Astrospace srl P.IVA: 04589880162

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